Nel mese di giugno 2013, il gruppo di operatori che prendono parte al Corso di formazione per tecnico dell’abilitazione professionale di persone con autismo ha avuto l’opportunità di visitare tre importanti realtà italiane, ritenute di eccellenza nel settore dell'inserimento lavorativo di giovani con autismo.
Il primo centro visitato, in Provincia di Pavia, è stato Cascina Rossago.
Cascina Rossago
La visita guidata della struttura è stata condotta dalla dr.ssa Stefania Ucelli (responsabile di Cascina Rossago) e dalla dr.ssa Marta De Giuli (che aveva già svolto una precedente lezione in aula presso il Centro Studi Sociali di Scerne di Pineto). In un primo momento si è avuta la possibilità di osservare sul posto le diverse attività: stalla, tessitura, ceramica; successivamente è seguito un momento di formazione con la dr.ssa Ucelli sui comportamenti problema, descrizione della storia di Cascina Rossago, dei Sevizi offerti (centro residenziale) e delle modalità cliniche, sanitarie e organizzative dei percorsi individuali dei ragazzi inseriti (3 appartamenti da 8 posti ciascuno; attualmente: 24 posti occupati, massima capienza).
Come la stessa dr.ssa Ucelli ha specificato, l’attività di “labor”, nell’ambito dell’approccio di Cascina Rossago, viene intesa come “occupazione, fatica” per l’investimento del tempo e per la possibilità di sviluppare e applicare le proprie capacità e risorse personali. Rispetto a questo gli ospiti vengono inseriti in percorsi individuali che tengono presenti le loro caratteristiche specifiche. Obiettivo del progetto (nato, non a caso, dall’associarsi di genitori di ragazzi autistici) è quello di offrire un ambiente protetto dove poter far trascorrere ai ragazzi una vita più serena possibile. L’organizzazione stessa della struttura richiama l’impostazione di piccole comunità .
Significativo anche ai fini del progetto START AUTISMO è stata la presa visione della buona diagnosi differenziale clinica, cui Cascina Rossago dedica gran parte del proprio lavoro per individuare le modalità sia relazionali, che di intervento ad hoc per ogni singolo ragazzo. Importante anche il lavoro di equipe e di continuo scambio di informazioni e confronto (una volta al giorno), con un unico coordinatore e supervisore,rappresentato dalla dr.ssa Uccelli.
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Centro Terapeutico Europeo
Il giorno successivo, il gruppo di operatori ha avuto la possibilità di visitare nella mattinata e per la pausa pranzo il secondo centro: il CTE (Centro Terapeutico Europeo) in provincia di Firenze.
Durante la prima parte della visita, Marco Bacciottini (psicologo), Massimo Serafini (coordinatore struttura residenziale) e Marco Mazzoni (referente per i progetti) hanno raccontato i 20 anni di storia del CTE, spiegando i vari sviluppi, anche giuridici, e l’articolarsi nel tempo degli interventi. Attualmente a livello gestionale CTE ricomprende queste forme di impresa sociale: 1) Coop. Sociale A e B (dal 2000, attraverso un primo progetto di inserimento lavorativo nel settore dell’agricoltura, grazie al quale si è riusciti ad attrezzare anche parecchie infrastrutture: maneggio, attrezzi agricoli, lago per la pesca..ecc..); 2) Coop. Agricola (per portare l’attività all’esterno con vendita di prodotti) e inserimenti in affiancamento; 3) SRL; 4) Centro Sportivo (dove vengono gestiste attività come l’equitazione, il tiro con l’arco, la piscina, anche per gli esterni per auto-sovvenzionare le attività).
Attualmente stanno portando avanti un progetto di agricoltura sociale, che prevede formazione e inserimento di 6 ragazzi (3 nella Coop. Sociale e 3 nella Coop. Agricola). La Regione paga il compenso per i ragazzi e fornisce una piccola retribuzione per il tutor (che per loro non deve avere necessariamente una formazione specifica sull’autismo, quanto piuttosto delle competenze tecniche specifiche). Anche ai fini assicurativi i giovani con autismo sono regolarizzati come lavoro/volontario o tirocinio (ad esempio: un ragazzo è inserito come aiuto stalliere e 2 verranno inseriti nel punto ristoro del maneggio che stanno ultimando).
Sicuramente il CTE rappresenta un interlocutore significativo per l’individuazione di buone prassi per l’inserimento lavorativo, soprattutto per quel che riguarda la fase del training specifico dei ragazzi ed il loro coinvolgimento in attività produttive in cui possono realmente acquisire e poi mettere in campo competenze ed abilità. Utile anche il confronto col CTE per quel che riguarda l’articolazione giuridica che nel tempo si sono dati per far fronte anche agli aspetti amministrativi e di legge. Altrettanto utile come spunto le loro strategie progettuali e imprenditoriali, attraverso l’individuazione di bandi e finanziamenti. E’ palpabile per chi visita il CTE il clima di familiarità e armonia che coinvolge personale addetto, ragazzi e visitatori esterni.
Rappresenta quindi un modello pilota di inserimento in contesti protetti, ma non “chiusi” allo scambio con l’esterno, anche in altri settori occupazionali. Tra i punti di forza sono certamente da menzionare: il grande entusiasmo e la mission condivisa che si respira visitando il Centro, l’attenzione al fatto che davvero ogni ragazzo possa “crescere” personalmente e professionalmente, al fine di restituire dignità alla singola persona. Significativo ai fini del training professionale l’affiancamento dei ragazzi da parte di tecnici (agricoli, di allevamento, ecc…) che non vengono dall’ambito della riabilitazione psico-sociale e che creano una relazione di “praticantato” che richiama quello che era una volta il rapporto di apprendimento dei mestieri tradizionali, tra l’artigiano e il giovane ragazzo.
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Le 3 fonti
L’ultima visita, nel pomeriggio del secondo giorno ha riguardato Ascot srl, nello specifico nella sede de “Le 3 fonti” in provincia di Arezzo.
“Le 3 fonti”sono un punto ristoro e piccolo albergo aperto al pubblico, in cui i ragazzi vengono inseriti sia per training formativi al lavoro, sia alcuni sono assunti regolarmente. Durante il momento formativo, condotto da Arnaldo Stefàno (Case Manager Servizi Ascot), viene proposto il modello di inserimento socio-lavorativo di Ascot, che maggiormente richiama il modello inglese di NAS, dedicato anch’esso (per quel che riguarda lo spettro autistico) alle persone con alto funzionamento. L’approccio Ascot è maggiormente mirato all’esterno, e dunque all’inserimento effettivo dei ragazzi nell’ambito del mercato del lavoro con regolari contratti. Stefàno spiega alcuni aspetti fondamentali della mediazione al lavoro, quali:
Fare rete prima di tutto con la scuola (già dal 4° e 5° anno delle superiori) e con la Provincia. Ascot chiede la restituzione del PEI alla presenza di un rappresentante specifico della Provincia, facendo leva sugli obblighi che per legge hanno sia l’amministrazione provinciale che la scuola per l’integrazione scolastica e la preparazione al mondo del lavoro;
Lavorare in coordinamento con i Centri per l’Impiego, dove chiedono l’individuazione di un referente per la disabilità;
Ricerca mirata in collaborazione con la Provincia e coi Centri per l’Impiego delle aziende con numero di dipendenti superiori alle 15 unità;
Lavoro di rete con le agenzie formative e di ricerca lavoro (es. Adecco): individuazione percorsi formativi utili per i ragazzi, presentazione dei ragazzi ai referenti delle agenzie formative, richiesta e utilizzo di un tutor dell’agenzia formativa che restituisca una valutazione del ragazzo;
Rete e coordinamento con Aziende sanitarie e Servizi Sociali;
Verifica e monitoraggio sul posto del luogo di lavoro (come supervisori/osservatori anche per più di un giorno prima dell’inserimento del ragazzo) per poter capire se il ragazzo da inserire è adatto: valutazione ambiente e colleghi, valutazione e riconoscimento dei fattori di rischio e pericolo dell’inserimento (necessaria conoscenza dei protocolli di prevenzione e sicurezza: RSPP e HACCP);
Capacità di rendere trasmissibile e fruibile le funzioni lavorative richieste, training alle abilità specifiche richieste per il ragazzo, e preparazione dei futuri colleghi di lavoro;
Monitoraggio almeno per i 6 mesi successivi all’inserimento lavorativo;
Indicatore di esito positivo: non l’inserimento, ma il mantenimento del contratto di lavoro.
Certamente la formazione svolta presso Ascot, soprattutto per il modello proposto e per gli obiettivi prefissati risponde alle competenze e abilità di mediazione e tutoraggio che il tecnico dell’inserimento lavorativo deve sviluppare. L’approccio concreto ed operativo è spunto per notevoli riflessioni su quali ambiti di sapere e quali modalità di intervento (al di là di quello clinico-terapeutico) sono necessari ampliare e approfondire.
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Le tre training visit hanno certamente ampliato con esempi operativi sul campo la formazione dei 20 tecnici per l'inserimento lavorativo di persone con autismo, che oggi hanno l'opportunità di sperimentare anche sul territorio della Regione Abruzzo.